Hanno vinto la paura e la malinconia, l'angoscia e la frustrazione del perdere senza averci provato. Il vento freddo e gli orologi fermi.
Ci incrociamo, inseguendoci senza saperlo per anni, nel buio, e quando finalmente pensiamo di stringere due mani fra le nostre, le ombre si riprendono tutto.
Mi rifugio nella solitudine per non avere nessuno a carico e poter render conto solo a me stesso. Abbandonare per qualche giorno la vita frenetica che si svolge fuori con il pretesto di ricostruirmi, e poi, giorno dopo giorno, rinviare il momento del ritorno. Farmi stregare subdolamente dal fascino di quella vita lenta, molle, languida che offre una malattia quando si hanno anche i mezzi. E restare così poi per anni senza più trovare un motivo per uscire.
Sono tentato. Tutto in me procede per interruttori; la continuità mi fa difetto, negli atti come nel pensiero. Dopo tutti gli sforzi, la felicità ritrovata negli ultimi mesi, è bastato cedere per un attimo ai soliti schemi mentali per permettere alle ombre di rientrare e farmi smettere di far danzare la vita. Con le ombre sono tornate le lacrime. Muovere le acque è positivo, ma se quello che vi è in fondo al cuore, il sedimento di un anima, è l'amarezza, forse non bisognerebbe smuoverle troppo. Lasciare entrare l'autunno senza attendersi una risposta.
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